Il muro di monitor

Periodo pre natalizio. In fondo alle scale, che collegavano il retro del bancone del negozio con il magazzino al piano seminterrato, c’era un muro. Si, ma non un muro qualunque. Era un muro lungo circa quattro metri composto da tantissime scatole di monitor Commodore 1084S e Philips 8833 II accatastati uno sopra l’altro fin quasi a toccare il soffitto. I “1084S” da un lato e gli “8833 II” dall’altro.

“Su quasi tutti i monitor c’era un bigliettino con il cognome di qualche cliente che lo aveva prenotato” ricorda Flavio. Questi venivano attaccati sui monitor appena scaricati dal corriere in modo da evitare di dimenticarci di qualche prenotazione viste le tantissime richieste e le scatole venivano accatastate riempendo quella parete vuota, di solito fino ad altezza uomo per prenderle con comodità. Ma non sempre: quando arrivavano in numero considerevole, e capitava spesso, si arrivava fino al soffitto.

Quelle scale, spesso percorse saltando a due a due i gradini, erano sempre super affollate: chi scendeva per prendere un prodotto e chi risaliva con il prodotto già recuperato: non tutto il materiale era conservato in negozio e la gran parte dei prodotti “ingombranti” erano conservati proprio nel magazzino sottostante. Quelle scale, seppur dotati di telefoni interni, venivano usate anche come mezzo di comunicazione veloce: dal negozio si “chiamava” il collega appena sceso per farsi portare qualche prodotto evitando così un “viaggio”.

Ricordo un giorno, proprio nel mentre passavo in fondo alle scale, quando sentì dall’alto un sonoro “mi portate il monitor del sig. XYZ?”. “OK’ risposi.

In quel momento vidi Giuseppe, da pochi giorni assunto nel nostro organico, venire verso di me.

A bruciapelo, e in modo imperativo, gli dissi di portare in negozio il monitor del cliente indicando l’ultima scatola in fondo della fila, tornando così al mio banco delle riparazioni. Siccome eravamo sotto Natale, dopo qualche attimo tornai indietro. Il bravo collega, come in passato anche altri avevano fatto, stava rimuovendo tutti i monitor accatastati per recuperare quello del cliente posizionato sotto.

“Ma che fai?” esclamai con un sorriso da parte a parte “Sono tutti uguali!!!”.  Presi il bigliettino con il nome del cliente attaccato al monitor in fondo alla pila e lo appiccicai su quello che aveva in mano. Giuseppe mi guardò stranito e disse “volevo farlo ma pensavo ci fosse un motivo ben preciso per farmi prendere quello in basso”.

E’ proprio vero, quando si è all’inizio, si ha sempre un po’ di timore di sbagliare e si esegue alla lettera quello che ci viene chiesto, senza fiatare, anche se può sembrare una cosa insensata. Ma in Newel eravamo una famiglia e lo scherzo, specialmente in magazzino, era un modo per rafforzare le nostre amicizie, lavorando con il sorriso sulle labbra.

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